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Confucio

08/07/2010 10:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Confucio

Chow Yun-Fat interpreta l'icona culturale e filosofica cinese

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In Cina è arrivato a rivaleggiare nientemeno che con Avatar, complice anche un blocco delle autorità che ha portato a una corposa riduzione delle copie del film di Cameron per non far passare in secondo piano le pellicole nazionali. Indipendentemente da questo, il successo di Confucio sarebbe stato comunque tale, vista la figura storica che dà il nome alla pellicola, vera e propria icona culturale e filosofica in patria e rispettata anche nel resto del mondo. Grandi le aspettative per questa produzione in costume, costata 22 milioni di dollari, e cui il ruolo da protagonista è andato al sommo Chow Yun-Fat, storico interprete, tra i tanti, dei due action cult di John Woo, The Killer e A better tomorrow. E, a conti fatti, scelta non poteva essere più giusta, nonché tra i pochi spunti interessanti di un film sbandierato più per la fama del personaggio che per reali qualità artistiche.


Diviso sostanzialmente in otto parti, ognuna collocata cronologicamente in passaggi chiave della vita di Confucio, il film mostra il percorso morale e spirituale di un uomo che cercò in tutti i modi di instaurare nella realtà politica del tempo un percorso di pace ed armonia tra i vari contendenti. Dopo i primi successi però, in cui venne appoggiato dallo stesso imperatore, i suoi ideali vennero ben presto calpestati dagli interessi della politica, e le sue riforme di carattere universale lo portarono a venir scacciato da palazzo e da ruoli di prima grandezza, condannandolo a vagare come un profeta errante di stato in stato.


Confucio è una grossa occasione sprecata. È difficile capire come tale obiettivo sia fallito, in una terra capace di produrre capolavori del genere in costume come Lanterne rosse e Addio mia concubina. Forse era troppo complessa e profonda la figura del filosofo da essere trasposta in una pellicola di poco meno di due ore (a tal proposito, sembra soffrire di tagli forzati, rendendo auspicabile l'uscita di una più lunga e completa Director's Cut), ma alcuni errori sembrano davvero imperdonabili, soprattutto per un film ad alto budget. Chissà dove saranno finiti i soldi, visto che le poche scene di carattere bellico hanno un sapore artigianale sconcertante, con uno smodato uso del digitale che mal si integra alle atmosfere realistiche improntate (scelta che invece poteva andar bene per il visionario Goemon, dal regista di Kyashan - la rinascita), e che lascia esterrefatti per la dozzinalità con cui è stato realizzato. Inoltre la narrazione, oltre ad apparire tronca come già accennato, soffre di un ritmo lento, basandosi per lo più su intrighi di corte e elucubrazioni filosofiche, cui però manca l'ispirazione epico/tragica di un Kaige Chen che le renda solenni. Per fortuna ci pensa Chow Yun-Fat, la cui barba posticcia cresce a dismisura nel corso degli eventi e degli anni, a dare a Confucio un volto e un'anima di tutto rispetto, con una prova maestosa che lo conferma come uno dei migliori attori viventi. Rimane perciò la delusione, smussata in parte dalla sua interpretazione, per un progetto dalle potenzialità enormi ma espresse timidamente.


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