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Immaturi

24/01/2011 12:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

Immaturi

Per chi pensa di entrare in sala e vedere in Immaturi un clone in versione “old” di Notte prima degli esami, sappia che nulla è più lontano dalla verità...

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Per chi pensa di entrare in sala e vedere in Immaturi un clone in versione “old” di Notte prima degli esami, sappia che nulla è più lontano dalla verità. Al regista Paolo Genovese era già stata offerta, a suo tempo, la regia di quest'ultimo, ma rifiutò con garbo sentendo che il soggetto era troppo personale ai due sceneggiatori (Fausto Brizzi, che poi diresse la pellicola, e Massimiliano Bruno) ma traendone lo stimolo necessario per continuare a covare un’idea che maturava già da diverso tempo. Forse se Genovese avesse accettato la regia di Notte prima degli esami, il film non avrebbe suscitato lo stesso entusiastico successo e non avrebbe dato inizio al filone di new comedy adolescenziale italiana che ha contribuito a rimpolpare gli incassi dopo un decennio decisamente magro per il cinema peninsulare (cinepanettoni esclusi, purtroppo). Fatto sta che Immaturi arriva nelle sale cinque anni dopo il cult di Brizzi, forse fuori tempo massimo per affrontare di nuovo le vicissitudini della maturità, ma non per questo meno apprezzabile.


Roma. Il ministero della pubblica istruzione annulla la validità del diploma di maturità di una classe del Liceo Classico Giulio Cesare e gli ex-studenti sono costretti a rimettersi sui libri e affrontare di nuovo la commissione. Il divertissement sta nel fatto che gli “studenti” ormai sono persone alla soglia degli “anta” con carriere, vite e famiglie sulle spalle.


Se proprio si deve fare i pignoli e parlare di buchi di sceneggiatura, il mcguffin che da la spinta alla storia non viene mai sviscerato nei 108 minuti di pellicola, ma non è quello che importa davvero. La cosa importante sono i personaggi, tanto variegati da coprire l’intero ventaglio degli “italiani medi”, ma senza mai inciampare nel cliché. È così che un gruppo di amici del liceo sono diventati il mammone, la ragazza madre, l’uomo in carriera, lo scapolone incallito. Il cast corale è formato da una solida schiera di attori di prim’ordine del cinema nostrano, anche se su tutti, persino sul più noto e decisamente più piacente collega Raoul Bova (a cui è affidato il ruolo di protagonista/voce narrante), a farla da padrone è Ricky Memphis, in grado di far ridere e commuovere più di chiunque altro con un personaggio in bilico tra il caricaturale e il tristemente reale. Ed è proprio questa la forza trainante del film, pervaso sin dai primi minuti da un duplice nervo di malinconia e comicità.


Senza stare a scomodare Il grande freddo (se proprio si deve trovare un accostamento cinematografico), Immaturi è più simile a una versione aggiornata di Compagni di scuola di Verdone: un affresco nostalgico degli anni che furono (i gloriosi ottanta) e dell’età migliore in cui godersi la vita (quella del liceo) visto attraverso gli occhi di chi ormai è costretto ad andare avanti. Nonostante lo scarto generazionale, non si fa fatica a riconoscere nei protagonisti le stesse innocenti e a tratti persino sciocche paure che attanagliano i giovani di ogni generazione quando si trovano sull’orlo di quel baratro che li farà inevitabilmente precipitare nell’età adulta. I loro disperati sforzi di rimanervi aggrappati, a volte illudendosi, a volte apparendo persino patetici, sono acute riflessioni con cui ognuno di noi ha fatto (o dovrà fare) i conti alla soglia della mezza età, prendendo coscienza di non appartenere più all’ultima generazione. “Adulti di nascosto, ma che forse adulti non saremo mai” canta Alex Britti sui titoli di coda, condensando nel migliore dei modi tutto ciò che il film ha da dire.


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