Â
Â
Â
Ecco come Spike Lee e Ava DuVernay fanno del cinema un mezzo per la lotta politica
Â
Violenza e razzismo sono temi centrali della loro poetica (e politica) di Spike Lee e Ava DuVernay. Il messaggio politico dei due autori si sovrappone alle istanze di Black Lives Matter, la (vera) voce della protesta che attraversa gli Stati Uniti dopo l'omicidio di George Floyd. La principale, parafrasata, è che la società americana si fonda sulla violenza, prima esercitata con lo schiavismo, poi con il genocidio degli indiani d'America e ora con la carcerazione di massa e l'impunità della polizia per oggi atto di violenza commesso contro una minoranza. La violenza di Stato, infatti, è sempre stata monopolio dei discendenti dei padri fondatori bianchi, che l'hanno adoperata per mantenere il loro potere. Il capitalismo ne ha reso l'esercizio una leva economica dalla quale dipendono le industrie e le lobby di armi e carceri private.Â
Â
Prendiamo in esame due dei film più recenti di Spike Lee e Ava DuVernay: Chi-raq (2015, prodotto e distribuito da Amazon Prime Video) e When They See Us (2019, prodotto e distribuito da Netflix). Entrambi risuonano nelle proteste di questi giorni e nel movimento Black Lives Matter. Eppure sono due film agli antipodi, per certi versi. Chi-raq è il lisergico riadattamento cinematografico della Lysistrata di Aristofane; When They See Us è una miniserie con taglio documentaristico, cruda e diretta come una cronaca giudiziaria. La violenza è in entrambi, però, il motore della storia: da un lato quella urbana, dall'altro quella istituzionale.Â
Chi-raq prende il nome dal nomignolo conquistato da Chicago a suon di omicidi. Il film racconta la guerra tra due immaginarie gang di strada rivali, gli Spartans e i Trojans. All'ennesima morte di una bambina innocente, Lysistrata - fidanzata del leader degli Spartans - decide di indire uno sciopero del sesso che si concluderà solo nel momento in cui le gang rivali sigleranno una pace. No peace, no pussy. L'adattamento cinematografico è esplosivo, capace di irridere, in rima, la cultura machista afroamericana e l'imbecillità delle istituzioni a stelle e strisce. È un film destinato alla comunità black, come dichiarato dallo stesso Spike Lee, con l'obiettivo di distruggere il fascino di armi e malavita di strada.
Il riferimento a Black Lives Matter è esplicito. Il film è denso di riferimenti a vittime tra i due fuochi delle gang e della polizia (condizione spiegata magistralmente da Dolmedes, il coro della commedia, interpretato da uno scintillante Samuel L. Jackson). Il corredo delle citazioni attinte dalla cultura comunitaria black è difficile da cogliere nella sua interezza per chi ne sta al di fuori, tanto è vero che il film è stato spesso definito soverchiante dalla critica (principalmente bianca, per quella nera gli errori erano nella resa della violenza di Chicago e nell'happy ending). Ci sono tanti momenti memorabili, come il sermone di padre Mike, interpretato da John Cusack: la sua invettiva brucia come il monologo di Ed Norton ne La Venticinquesima Ora.Â
When They See Us ha ricevuto un'acclamazione unanime e ha resistito anche a una querela per diffamazione. La miniserie in quattro puntate indaga la spudorata trappola giudiziaria con cui sono stati incastrati cinque ragazzini sui quali non esisteva uno straccio di prova di colpevolezza in merito all'aggressione, con stupro, della jogger di 28 anni Trisha Meili, avvenuta a Central Park la notte del 19 aprile del 1989. I protagonisti di questa storia - quattro ragazzini black Kevin Richardson, Antron McCray, Yusef Salaam e Korey Wise e un ispanico, Raymond Santana - ne restano immischiati per due motivi: pura casualità e appartenenza alle categorie sociali ed etniche individuate come ovvie responsabili di questo genere di reati. Sono esempi del razzismo di Stato che si manifesta nella costruzione posticcia dei colpevoli. La miniserie è un atto d'accusa che fa il paio con XIII Emendamento, esemplare documentario sulla carcerazione di massa negli Stati Uniti. Come racconta in entrambi i film DuVernay, le prigioni sono luoghi in cui si apprende e si allena la violenza. Nella poetica di DuVernay, infatti, è proprio la detenzione la scintilla da cui divampano le ingiustizie, prima dietro le sbarre, poi fuori, con lo stigma che perseguita i protagonisti.