Venezia 77, due film iraniani a confronto: Sun Children (flop) e Careless Crime (top)
Sun Children di Majid Majidi
Quattro ragazzini aiutano le loro famiglie con piccoli furti; un tesoro nascosto proprio sotto una scuola dà l'occasione per il grande colpo ma anche per uscire dal quel tipo di vita. Tra voli di rondini e cartelle lanciate verso il cielo, la campanella della scuola tornerà a suonare. Viene dall'Iran col suo corredo di retorica e luoghi comuni, il più brutto dei film in concorso: Sun children. I bambini poveri, i malvagi che li sfruttano, il riscatto grazie alla scuola, la purezza dell'infanzia, il Bene che vince sempre. Via libera così a un campionario di scene false (vince tutto quella del maestro che stende il cattivo con una testata) come in una fiction a basso costo. Presenza inadeguata per il Festival, Sun children non è aiutato neanche dai suoi piccoli interpreti, tutti così istruiti a recitare: primeggia il protagonista, con il suo insopportabile campionario di smorfie.
Premio Mastroianni Migliore Attore Emergente
Rouhollah Zamani
Careless Crime di Shahram Mokri
Viene dall'Iran anche il miglior film della sezione Orizzonti e forse dell'intera rassegna. Careless crime, critica alle contraddizioni della società iraniana ispirata a fatti di cronaca. Quarantanni fa una serie di attentati contro l'ingerenza dell'occidente portò alla morte di centinaia di persone: bersaglio furono le sale cinematografiche, che furono dati alle fiamme. E dentro una sala cinematografica tre uomini stanno discutendo su come ingrandirla. Un gruppo di quattro balordi fa avanti e indietro da un cinema, fallendo ripetutamente la propria missione: appiccare un incendio. Nel frattempo sullo schermo procede la proiezione di un film, che in realtà si sta ancora girando.
Un gioco a scatole cinesi con il tempo e con il cinema nel cinema, dove si fa fatica a capire cosa è reale e cosa no, chi guarda chi, qual è il filo da seguire. Gioco che Shahram Mokri estende allo spettatore, scherzando sulla “serietà” del suo stesso lavoro: «Odio l'aureola dei film da festival» dice una spettatrice in sala. E intanto dallo schermo: «Ci hanno presi in giro per bene tutti quanti, mi aspettavo che uscisse un missile». Un'opera pesante nel senso più nobile del termine, un'autentica sfida allo spettatore, fino alla incredibile sequenza finale: chi accetta la sfida sarà premiato.