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Love, Death & Robots, stagione 2 (2021), la recensione: 8 nuovi episodi da non perdere

04/06/2021 16:48

David Salvaggio

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Love, Death & Robots, stagione 2 (2021), la recensione: 8 nuovi episodi da non perdere

I robot, l'amore e la morte continuano a essere i protagonisti di questa stagione 2, declinati in modi e toni differenti a seconda dell'episodio

I robot, l'amore e la morte continuano a essere i protagonisti di questa stagione 2, declinati in modi e toni differenti a seconda dell'episodio

La fantascienza, che sembrava un genere morto e difficile da riesumare, ha riacquistato un certo vigore nell'ultimo decennio. Tra i lungometraggi e le serie televisive ha ritrovato spazio anche il cortometraggio, formato che risulta essere assoluto protagonista in Love, Death & Robots, show targato Netflix approdato in Italia nel 2019 con la sua prima stagione. Stagione corposa, che comprendeva ben diciotto episodi - disposti in visione casuale e sempre diversa per ogni utente - e vantava uno stratosferico comparto grafico/tecnico, narrazioni complessivamente accattivanti e alcuni picchi notevoli.

 

Le menti dietro all'operazione, che rispondono ai nomi di David Fincher e Tim Miller, continuano il discorso con una seconda stagione complessivamente valida, al netto di alcuni passi meno convincenti di altri. I robot, l'amore e la morte continuano ad essere i protagonisti, declinati in modi e toni differenti a seconda dell'episodio.

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È proprio il tono umoristico e spiritoso ad aprire le danze con Servizio clienti automatico, dove troviamo un'anziana signora alle prese con un aspiratore decisamente aggressivo e dalle brutte intenzioni: il comparto grafico è singolare, ma il corto funziona perchè strappa più di un sorriso. Lo stessa sorte in termini tecnici e grafici tocca a Ghiaccio, dove due fratelli intraprendono una corsa su ghiaccio piuttosto particolare: è probabilmente questo episodio il tallone d'achille dell'intera serie, che sembra non sfruttare a dovere il proprio potenziale narrativo e impedisce di capire dove si vuole davvero andare a parare.

 

Le cose sembrano non migliorare con Pop Squad, che sfoggia un impatto visivo da urlo al netto di una narrativa forse non troppo incisiva. Qui assistiamo a una vicenda ambientata in un contesto interessante: in un futuro indefinito, dove l'umanità può vivere in eterno, senza però avere figli, un agente caccia e uccide chi si riproduce; finchè l'uomo ha un moto di coscienza, con tutte le sue conseguenze. Alquanto prevedibile e poco ispirato.

Si passa all'azione invece con Snow nel deserto, dove un immortale è preso di mira da individui con certe ambizioni. Anche qui il comparto grafico e tecnico lascia stupefatti e la trama, per quanto non originale, dispensa una buona quantità di morte violenta. A metà stagione, con quattro puntate viste su otto, l'impressione che lo show abbia fatto diversi passi indietro rispetto al passato potrebbe essere tangibile. Ma non tutto è perduto perchè ci pensa la seconda metà di episodi a risollevare degnamente il tutto, sotto ogni punto di vista.

 

Arriviamo così a una delle punte di diamante di questa stagione, che risponde al titolo di L'erba alta: una pregevole animazione in stop-motion che trova come ispirazione un racconto di Joe Lansdale.

 

Troviamo un protagonista che non può ricordare, nell'aspetto e nell'estetica, un certo Howard Phillips Lovecraft. Protagonista che, durante la sosta del treno su cui viaggia, si imbatte in mostruose e misteriose creature. Resta un senso di ambiguità e di ignoto sino alla fine, tematiche ricollegabili al Solitario di Providence. Questo corto può dirsi ampiamente riuscito.

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La curva ascendente della qualità continua con Era la notte prima di Natale, che mantiene lo stesso tipo di animazione del precedente e la stessa carica horror: due bambini attendono l'arrivo di Babbo Natale, ma non hanno idea di chi incontreranno. La spruzzata di humour nel finale chiude magnificamente anche questa operazione.

 

Con La cabina di sopravvivenza torniamo alla CGI di alta qualità e alla fantascienza, più citazionista ma comunque soddisfacente. Un astronauta con le fattezze di Michael B. Jordan, in seguito a un disperato atterraggio, arriva in una cabina abbandonata: dovrà lottare per la vita con un robot tanto impazzito quanto violento, che richiama i memorabili Alien di Ridley Scott in una certa sequenza.

Si conclude con Il gigante affogato, altra opera convincente che riflette sul tema della morte mediante un certo evento: il ritrovamento del cadavere di un gigante sulla spiaggia. Attraverso gli occhi di uno scienziato, che narra la vicenda con la sua voce di sottofondo, si possono riscontrare analogie con il nostro tempo; un tempo dove si spettacolarizza la morte e la si tratta come un'attrazione, transitoria e priva di valore. 

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Questa seconda stagione di Love, Death & Robots si risolleva notevolmente nella sua seconda parte, risultando forse meno incisiva della prima ma mantenendo un buon livello. Trovate tutti gli episodi su Netflix e, se apprezzate la fantascienza e le sue declinazioni, potete dare una possibilità a questo prodotto.

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