Assassinio a Venezia (2023), la svolta horror di Poirot: la recensione del film di Kenneth Branagh tratto da Agatha Christie

Venezia durante il secondo Dopoguerra: è qui che l’investigatore Hercule Poirot ha deciso di andare in pensione, esiliandosi in un bellissimo palazzo controllato dalla guardia Vitale Portfoglio, dove nessuno può avvicinarglisi a eccezione del pasticciere, due volte al giorno. 

Una seduta spiritica è stata organizzata per la notte di Ognissanti dalla famosa cantante Rowena Drake, ancora scossa dalla morte della figlia, e i tre - Ariadne, Poirot e Vitale Portfoglio - decidono di partecipare nonostante la riluttanza dell’investigatore. Convinto di ritrovarsi davanti all’ennesima truffa organizzata a scapito di una povera madre sofferente, Poirot deve ricredersi nel momento in cui uno degli invitati viene trovato morto. 

Ambientato in una Venezia cupa e spaventosa, totalmente diversa dalla solita cittadina romantica descritta nei film, la trama si ispira a una delle opere meno conosciute della famosa Agatha Christie, Poirot e la strage degli innocenti. 

 

Il film è stato girato quasi completamente in Italia, a Venezia, e ancora una volta vede come attore protagonista il britannico Kenneth Charles Branagh, che riesce a dare la perfetta interpretazione del suo personaggio in un momento in cui tutte le sue convinzioni iniziano a cedere, messe in discussione dagli eventi a cui assiste. 

Al suo fianco altri volti noti come Kelly Reilly (Orgoglio e pregiudizio, Sherlock Holmes) nel ruolo della sofferente madre Rowena Drake; Jamie Dornan (Cinquanta Sfumature) come il Dr. Leslie Ferrier; la statunitense Tina Fey (Mean Girls, 30 Rock) nei panni della scrittrice Ariadne Oliver. Oltre a questi divi internazionali, l’italiano Riccardo Scamarcio accompagna l’investigatore nel ruolo della guardia Vitale Portfoglio. 

Sin dalla prima scena si nota la differenza dagli altri film della serie: il giallo tipico delle trame di Agatha Christie viene infatti mescolato al soprannaturale denso di colpi di scena e jump-scare, riuscendo ancora una volta a generare un rompicapo da risolvere; un mistero che anche l’esperto Poirot a un certo punto dubita di riuscire a comprendere. 

 

Deve muoversi tra un interrogatorio e l’altro arrivando a dubitare persino delle sue capacità. I fantasmi esistono veramente, ed è possibile parlare con i morti? Queste sono le domande che per tutta la durata della pellicola si pone l’investigatore ma anche lo spettatore. E proprio nel momento in cui si crede di avere una risposta a tutta la faccenda, di aver risolto il mistero, ecco che ci si ritrova di nuovo punto e a capo. 

Il grigiore delle scene va a mescolarsi alla trama soprannaturale, dando sin dall’inizio una sensazione di inquietudine tipica del genere giallo-horror. E l’intreccio delle storie di ciascuno dei personaggi non può fare a meno di creare nello spettatore la curiosità di sapere come andrà a finire. Riuscirà l’investigatore a trovare il colpevole o è davvero tutto causato dalla presenza dei fantasmi?