Il vento soffia: la terra respira. Con ciclicità i nostri spostamenti diventano sempre più mirati, consapevoli. La vita diventa un diario elaborato in tempo reale; le nostre paure, una punta spezzata di una matita per mezzo della quale continuiamo a scrivere, seppur con difficoltà , la nostra storia. Come un eterno flashback, nel periodo finale dell'esistenza tendiamo a ripercorrere mentalmente i nostri primati; che siano essi importanti o delicati ricordi di un'imbarazzante virilità . Tornano i ricordi, e con esse le impietose sconfitte - strascichi di una crescita mai raggiunta - e le fulgide vittorie. Tutto torna, a parte la propria individualità : essere ciò che la società ci impone di essere è il risultato di una sconfitta, la più grande. Vito (Fabrizio Rizzolo) è un regista, alle prese forse con la sua opera più difficile: quello che sta girando è infatti un film a lunghi tratti autobiografico, frammentario, multiforme, comico e drammatico insieme, recitato in vernacolo e in lingua, tutto ambientato in una piazza di paese. A metà delle riprese, però, improvvisamente, la sua troupe si ribella, minacciandolo di non portare a termine il lavoro. Vito affonda: manda a monte il film e, affogando nel proprio passato, decide di girare solo un'ultima scena. Emiliano Cribari, con la sensibilità di un bimbo, sviluppa una concentrica biografia, personale ed originale: un film nel film filtrato da diversi specchi riflessi. Ci si ritrova imprigionati all'interno di uno schermo astruso, colmo di messaggi criptici, apparentemente indecifrabili. Sullo sfondo: scorci paesaggistici meravigliosi, la Sicilia delle arance e del mare, alienata e alienante. Per l'autore, la regia non è data dal risultato dell'evoluzione fisica della macchina da presa con il realismo scenico: la poesia è la chiave che dirige gli attori, che ne delinea il carattere e la spontanea comicità . Spartani primi piani lasciano spazio a interminabili fiumi di parole, mentre monologhi mentali assumono lo status symbol di una società variegata, molto spesso frenata dall'improvviso cambiamento emotivo. A fare da cornice a tutto questo, la splendida musica intessuta da Lorenzo Piggici, la quale ne definisce l'anima tragicomica con profonda apprensione. Tuttotorna è l'affresco passivo di un passato redivivo, raccontato poeticamente attraverso l'unione affabile di attori veri con artisti emergenti. L'artificiosità che traspare dai dialoghi - come fossero scritti per flagellare chi li espone - mira a decifrarne le debolezze, protagoniste assolute dell'essere umano. Nel dubbio perenne se continuare a vivere nella totale abnegazione di se stessi, o cercare di alterare la realtà fomentando così la voglia di riscatto. Erika Renai e Fabrizio Rizzolo, sono, in tale contesto, i principali attori che meriterebbero più di una fugace attenzione: per come siano riusciti ad impostare, visibilmente, i propri limiti. Il film, dopotutto, nasconde nel suo aspetto elitario davvero tanta emozione. Difficile da scorgere come l'anima poetica che ciascuno di noi secerne dentro di sé, ma che tuttavia fatica a portar fuori perché, evidentemente, vincolata da pericolosi e superficiali modelli sociali.