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30 giorni di buio

29/03/2008 12:00

Leonardo Piva

Recensione Film,

30 giorni di buio

Dopo un ritardo di cinque mesi arriva in Italia 30 giorni di buio, seconda fatica (dopo il controverso Hard Candy) del regista David Slade...

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Dopo un ritardo di cinque mesi arriva in Italia 30 giorni di buio, seconda fatica (dopo il controverso Hard Candy) del regista David Slade. Il film è tratto dall'omonima graphic novel creata da Steve Niles (nelle vesti di sceneggiatore) e Ben Templesmith, e prodotto dalla Ghost House di Sam Raimi che fino a questo momento non si era particolarmente distinta per pellicole apprezzabili (tra le quali i due The Grudge e Boogeyman), ulteriore motivo per cui questo film risulta essere una piacevole sorpresa.


La pellicola richiama le atmosfere della storia breve The Dead di James Joyce, in cui la neve crea uno scenario unico e paralizzante; un’unica dimensione in cui vivi e non-morti si ritrovano faccia a faccia. L’ambientazione è proprio un lato riuscito e fondamentale della pellicola: crudelmente realistica e isolata, con la neve che enfatizza ancora di più (per ovvio contrasto visivo) l’abbondante profusione di sangue, e che finisce a sua volta per essere un personaggio fondamentale (gran merito al direttore della fotografia Jo Willems). La nota positiva più evidente è la caratterizzazione estetica dei vampiri. Dimenticate gli aristocratici esseri nobili, residenti in sfarzosi castelli, colti e ben vestiti di Bram Stocker o Anne Rice: i vampiri proposti da David Slade parlano una lingua antica, sono mostruosamente aggressivi e atletici, religiosamente sovversivi e assolutamente incuranti del look e dell’eleganza, tanto da girare comodamente imbrattati del sangue delle loro vittime. Sono ombre che si muovono e si organizzano con precisione scacchistica, cercando sempre di sfidare gli abitanti della cittadina, setacciandone ogni angolo, sulle orme dello splendido Vampires di mastro John Carpenter.


La pellicola si regge benissimo nonostante interpretazioni appena sufficienti: Josh Hartnett obbiettivamente poteva dare di più e Melissa George non esce mai dal suo standard monotono. Come spesso accade sono i comprimari ad alzare il livello attoriale, con la seconda linea di lusso Mark Bonne Junior (Vampires, Memento). Una menzione particolarmente meritano le musiche originali di Brian Reitzell, assolutamente aggressive e irregolari, che ricalcano perfettamente l’irrazionalità dei vampiri. Il prodotto è infine un horror apprezzabile; le pretese non sono molto elevate, ma i pregi della pellicola sono evidenti, con la speranza che possa dare nuova linfa al genere.


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