«Stay hungry, stay foolish»: parole che ormai sono entrate nell'immaginario comune, pronunciate dall'uomo che è stato in grado di incarnare la figura di pioniere moderno. Un genio dell'elettronica che ha rivoluzionato per sempre le nostre vite. Per conoscere meglio la persona dietro al mito, viene in aiuto I pirati di Silicon Valley, pellicola televisiva prodotta nel 1999 che, in forma di cronaca romanzata, si concentra sul controverso rapporto tra Steve Jobs e Bill Gates, suo acerrimo rivale. Per la regia di Martyn Burke (a cui dobbiamo il discutibile Avenging Angelo - Vendicando Angelo con Sylvester Stallone), il film non si discosta troppo dalla media dei prodotti per il piccolo schermo americano di fine anni '90, ad esclusione però delle ottime interpretazioni dei due protagonisti, in grado di offrire ai loro personaggi una caratterizzazione acuta e tagliente. Steve Jobs (Noah Wyle) riesce ad ottenere un incredibile successo grazie alla progettazione di un personal computer in grado di sfondare subito in un mercato ancora ignaro delle possibili meraviglie della tecnologia. Fonda così la Apple, che si colloca in breve tempo nel mercato delle aziende più ricche del paese, ma dovrà vedersela con le ambizioni di Bill Gates (Michael Anthony Hall) a capo della Microsoft, che non si farà scrupoli pur di superare il collega. Tra Jobs e Gates non escono certo dei ritratti encomiabili. Ognuno dei due business man della tecnologia computerizzata infatti risalta maggiormente per il proprio lato oscuro, che fa apparire questi due mostri dell'informatica come personalità complesse e ricche di ombre, soprattutto sul loro modo di relazionarsi coi propri simili. Il Jobs di Noah Wyle è infatti dapprima un giovane sbandato alla ricerca della gloria e dopo che, perseverando, ottiene il successo, finisce per trasformarsi in uno spietato manager che sfrutta all'estremo i propri dipendenti. Anthony Michael Hall carica invece di una forte ambiguità l'estro di Gates, pronto a copiare e "rubare" senza troppe remore il lavoro altrui pur di ottenere la vittoria nel proprio campo. Nonostante questa sfida a suon di microchip si concluda nel modo che la storia ci ha insegnato, il regista riesce a mantenere fino alla fine un buon ritmo della narrazione grazie a un costante equilibrio tra le tematiche personali e quelle lavorative, sfornando un film godibile anche per chi poco avvezzo alle tecniche dei moderni personal computer. Certamente, soprattutto in fase registica, I pirati di Silicon Valley vive di soluzione piatte e banali (se si esclude l'affascinante e promettente prologo) che impediscono al film di raggiungere lo status di vero e proprio cult per i fanatici delle due famigerate figure, ma ad oggi rimane comunque un lavoro onesto in grado di stuzzicare la curiosità di una buona fetta di pubblico.