Come qualsiasi videomaker di talento in cerca di opportunità per potersi esprimere liberamente, Matteo Pellegrini ha superato tante difficoltà prima di poter dirigere il primo lungometraggio per il grande schermo. Il suo curriculum vanta nei primi anni di attività 5 cortometraggi, videoclip per cantautori famosi e spot pubblicitari, gavetta che gli ha permesso nel 2012 di riprendere in mano un soggetto riposto nel cassetto, conscio di non avere grosse possibilità di portarlo alla luce. Per fortuna le cose sono andate diversamente. Italian Movies è nato anche grazie all'aiuto di Aleksei Guskov: se come attore - nel film interpreta l'ambizioso Mako, disposto a tutto pur di far cassa – ha contribuito alla creazione di un'atmosfera cinica e disincantata, come talent scout ha recuperato dei finanziamenti russi che hanno riportato a galla il progetto. Nello Studio61 a Torino viene girata la telenovela "Tormento", di quelle che si basano sul rimescolamento dei ruoli andando anche contro le esigenze degli attori che vi prendono parte. Il produttore - non più certo del successo del plot - è alla ricerca di nuove spinte originali e remunerative; non può immaginare che il futuro trionfo produttivo va in onda tutte le notti nei set di Studio61. I creativi in questione sono extracomunitari pagati per svolgere le pulizie all'interno degli uffici. Quando Dilip (Neil D'Souza) e Ben (Michele Venitucci) entrano in possesso di videocamere professionali, Mako (Aleksei Guskov) intuisce l'opportunità di far soldi filmando cerimonie ed eventi privati, così coinvolge i colleghi e fonda una fittizia casa di produzione - Italian Movies, appunto, finti professionisti dell'immagine. Ma condurre una doppia vita, senza quasi mai chiudere occhio e sapendo di dover mentire ogni giorno, ha i suoi rischi. L'esperimento pedagogico di Matteo Pellegrini possiede l'energia necessaria a compensare le piccole ingenuità dello script e l'inefficacia di alcune scelte registiche (l'insistente presenza dei racconti dei senza voce, l'inattendibile sequenza finale). Il gruppo multiculturale di lavoratori in difficoltà - chi senza permesso di soggiorno, chi privato del caldo abbraccio familiare - funge da perno narrativo attorno al quale la sceneggiatura lancia tante microstorie quanti sono i personaggi, diversificandone le tematiche e gli intrecci. La struttura è collaudata, già vista ma ugualmente efficace: il colore della pelle o il differente retaggio culturale di Gina, Dilip, Zahur, Laloo, Mako, Ben permettono l'avvio di battute funzionali e leit motiv (come i proverbi spassosi di Neil D'Souza) che allegeriscono la fruzione senza tuttavia annullare la funzione didattica della storia. L'evasione derivata dalla leggerezza delle dinamiche comportamentali viene strategicamente controbilanciata da riflessioni sociologiche più marcate, come il desiderio di comunicare al di là delle barriere, reinventarsi grazie alla magia del green screen e più in generale capire i cambiamenti della modernità tenendo conto dell'evoluzione tecnologica. Alla fine del viaggio a dominare è la validità dell'ascolto: un'alternativa a YouTube e alla serenità di potersi raccontare al prossimo senza rischiare di essere fraintesi o criticati. Italian Movies è una commedia frizzante e intelligente, una delle poche in grado di celebrare la forza trainante del melting pot sulla base delle diversità individuali. La parola d'ordine è integrazione, veicolata dalla rara espressività dei caratteristi – non c'è un solo attore fuori posto – e dal fresco sguardo registico che si impone per la sua accogliente e rispettosa compostezza.