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Spose celestiali dei mari di pianura

24/11/2012 12:00

Vito Sugameli

Recensione Film,

Spose celestiali dei mari di pianura

La donna come snodo narrativo, centro dell'universo maschile ed evolutivo...

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La donna come snodo narrativo, centro dell'universo maschile ed evolutivo. Giovani amanti alla scoperta del piacere sessuale, mogli preoccupate del cambiamento, signore dubbiose sulle differenze che intercorrono tra amore e odio, tradimento e fedeltà, vita e morte. 23 ritratti, tutti diversi tra loro. Storie unificate dal sentire comune che mischiano superstizioni e costumi di un popolo inafferrabile, soprattutto per il pubblico occidentale, tanto più se a raccontarlo è il visionario regista russo Aleksei Fedorchenko - autore di Silent Souls, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2010.


Spose celesti dei mari della pianura è un Decameron frammentario, a modo suo coerente nel presentare un assortimento di dettagli impliciti ed espliciti che costituiscono un mosaico di esperienze innestate lungo l'asse del tempo. Aleksei Fedorchenko prende le distanze dalle più comuni regole cinematografiche e intraprende un percorso sperimentale di matrice antropologica. Al centro vi pone la donna, in tutta la sua perfezione e imperfezione, sia fisica che spirituale, attraverso un lirismo visuale dai toni più disparati che unisce commedia, dramma ed esoterismo. In questo modo esercita sullo spettatore una fascinazione irrazionale, che fa leva sulle spinte ancestrali per mezzo delle quali rivela a piccole dosi l'acutezza intellettuale dell'opera. Come nel suo precedente lungometraggio, il regista continua a raccontare la regione autonoma dei Mari e la sua misteriosa popolazione, tra pulsioni vitali e tradizioni antiche, tra realismo e magia in perfetta armonia con la natura. La messa in scena predilige l'espressività del corpo, le intensità degli sguardi, i gesti che racchiudono un microcosmo femminile dirompente, sensibile e sessualmente partecipato. Un film disomogeneo eppure compassato, come una raccolta fotografica a cui non servono le parole per incorniciare il respiro temporale e definire in poche inquadrature il ruolo della donna all'interno della società. Mirabile esperimento cinematografico che, pur non reinventandone il linguaggio, dimostra personalità, elevatezza e senso del rischio.


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