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I Tarantiniani

22/11/2013 12:00

Vito Sugameli

Recensione Film,

I Tarantiniani

Emuli low budget dei campioni di incasso americani, pellicole artigianali capaci di trasformare handicap d'esigenza in ingegnosi punti di forza; all'epoca snobb

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Emuli low budget dei campioni di incasso americani, pellicole artigianali capaci di trasformare handicap d'esigenza in ingegnosi punti di forza; all'epoca snobbati o addirittura sfottuti dalla critica – i famosi "poliziotteschi" – per essere poi ripescati da Quentin Tarantino decenni dopo e rivalutati perfino dai più convinti detrattori. Il documentario di Maurizio Tedesco e Steve Della Casa ripercorre la storia del cinema di genere attraverso interviste e testimonianze d'archivio che spronano lo spettatore moderno a riscoprire la matrice del modello tarantiniano.


Dallo spaghetti western all'horror, dal poliziesco al giallo: il viaggio dei due registi, supportati dalla consulenza di Manlio Gomarasca (fondatore della rivista di genere Nocturno), attraversa due decenni in appena 60 minuti, tra battute di spirito, aneddoti e riflessioni che riguardano il cinema passato con qualche frecciatina al vetriolo riservato al presente - tra le righe si percepisce un mea culpa condivisa per non aver mantenuto in vita quel genere trash, rustico ma indubbiamente versatile, e di conseguenza quel tipo di industria italiana. I Tarantiniani diviene così motivo di sfogo, di vanto e in misura minore anche di studio della storia del belpaese da parte dei registi e scrittori declassati a semplici mestieranti, consolati dai numeri e dal successo internazionale che hanno riscosso i loro film, i cui fondi – come avviene sempre più di rado – hanno permesso alle case di produzione di investire sulle pellicole d'autore. I ragionamenti folgoranti del maestro Sergio Leone vengono stemperati dalla goliardia capitolina di Enzo G. Castellari e dall'indisciplinata esperienza professionale di Tomas Milian. Ma la lista degli interpellati è lunga e coinvolge tra gli altri Barbara Bouchet, Ruggero Deodato, Lamberto Bava, Franco Nero, Umberto Lenzi e lo stesso Tarantino con un'intervista estrapolata dalla premiere di Bastardi senza gloria, sorta di remake in salsa pulp di Quel maledetto treno blindato (1977) di Castellari. Oltre che un atto d'amore nei confronti del cinema di genere, I Tarantiniani rivendica l'importanza delle idee nel cinema, classificate frettolosamente di serie B a cavallo tra i settanta e ottanta, ma che sull'onda mediatica dei capolavori di Tarantino, hanno finalmente ottenuto un riconoscimento implicito: quella dignità richiesta da una lunga lista di autori che hanno vissuto per troppo tempo all'ombra degli intellettuali. È giunto il momento per loro di accendere le luci della ribalta.


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