Stefania (Isabella Ragonese) e Roberto (Francesco Scianna) formano una coppia solida e felice: lei infermiera, lui soldato distaccato in Iraq. Desiderano una casa e una famiglia. Gli anni passano e Roberto, che sente di non avere più un posto adatto a lui nel mondo, trascorre sempre più tempo al fronte finché, in un afoso giorno di giugno, le cose cambieranno per sempre. Gianluca Maria Tavarelli racconta due guerre: quella di Roberto, fatta di esplosioni, armi da fuoco, sensi di colpa - perseguitato dal pensiero incessante della morte, con la convinzione di non aver fatto abbastanza per evitarla - e parallelamente quella di Stefania, che guarda impotente il crescente disagio del marito, testimone di massacri e atroci sofferenze, ormai incapace di tornare a una vita normale. Il suo rimpianto è di non aver compreso lo stato d'animo del marito quando ancora era in vita, così decide di recarsi in Iraq insieme a una squadra in missione umanitaria. Ma di umanitario nel suo intento c'è poco, forse niente: Stefania è disposta a tutto pur di vedere coi suoi occhi cosa e chi ha ucciso il marito nello spirito prima che nel corpo; è pronta anche a indossare il niqab, abito simbolo di una femminilità a lei estranea. Soltanto dopo aver toccato con mano la miseria e i detriti di quel mondo così diverso dal suo riuscirà a smettere di punirsi. Una storia sbagliata è un film ben interpretato, senza eccessi recitativi né cliché. Indovinata l'interpretazione di Medhi Dehbi (già incontrato in La spia e Il figlio dell'altra), mentre il duro cinismo di Stefania - protagonista di un difficile viaggio di purificazione - si scontra con l'atteggiamento apparentemente spensierato di Roberto durante i suoi ultimi giorni in patria. Tale contrasto è ulteriormente palesato da un intricato montaggio, che intarsia il passato con il presente e viceversa. Tavarelli non riserva la stessa attenzione agli altri elementi del film: la fotografia, ad esempio, risulta approssimativa e poco curata, così come la colonna sonora, ritmata dai ruggiti dei caccia che sfrecciano in cielo. Il brano di Fabrizio De Andrè alla quale è ispirato il titolo fa da cornice alla storia di una coppia normale e speciale, scontata e complicata, sconclusionata e sbagliata. Tuttavia, è molto più di una storia d'amore: il film innesca una sottile riflessione sul conflitto, non soltanto bellico ma anche culturale e sociale, tra Oriente e Occidente. Due società che in comune hanno davvero poco e che, per questo, non si sottraggono a blaterale preconcetti l'una nei confronti dell'altra.