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La verità sta in cielo

05/10/2016 11:00

Caterina Bogno

Recensione Film,

La verità sta in cielo

«La verità è raramente pura e non è mai semplice»: è con queste parole di Oscar Wilde che si apre il film di Roberto Faenza dedicato al caso Orlandi...

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«La verità è raramente pura e non è mai semplice»: è con queste parole di Oscar Wilde che si apre il film di Roberto Faenza dedicato al caso Orlandi. La verità sulla vicenda della giovane cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno 1983, infatti, non è mai venuta alla luce in un accavallarsi di testimonianze, false piste, ipotesi e accuse che hanno via via coinvolto il Vaticano, lo Stato italiano, lo IOR e il Banco Ambrosiano, la banda criminale romana dei testaccini nella persona del leader De Pedis e, infine, i servizi segreti di più Paesi. Nel maggio 2016 il caso è stato archiviato dalla Corte di Cassazione, dopo che il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, fino ad allora a capo delle indagini, si era rifiutato di firmare la richiesta di archiviazione avanzata l’anno precedente dal procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone. Con La verità sta in cielo Faenza spera di riportare all’attenzione del pubblico internazionale la storia di Emanuela: l’auspicio, come ha dichiarato il regista stesso, è che il film possa fungere da stimolo al superamento di quell’ultimo metro che ancora ci separa dalla verità, affinché la parola “fine” possa essere finalmente scritta al termine dell’ultimo capitolo di questa inquietante vicenda.


Il film del regista torinese si apre ai giorni nostri quando, in occasione dello scandalo “Mafia Capitale”, una giornalista di origini italiane viene mandata a Roma dall’emittente televisiva inglese presso cui lavora, per raccontare il caso Orlandi proprio dal luogo in cui esso ebbe inizio il 22 giugno 1983. Giunta nella capitale, Maria incontra la collega Raffaella Notariale (Valentini Lodovini), inviata di un noto programma televisivo italiano, che condivide con lei le informazioni che ha saputo raccogliere in anni di strenue investigazioni. È così che veniamo trasportati negli anni Ottanta, al periodo in cui il capo dei testaccini, Enrico De Pedis (Riccardo Scamarcio), detto Renatino, era il re incontrastato della malavita romana. Quel De Pedis caduto sotto i colpi dei rivali della banda della Magliana e poi misteriosamente sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare, nel cuore di Roma e a pochi passi dalla scuola di musica frequentata da Emanuela. Era stata una telefonata anonima al programma televisivo Chi l’ha visto?, nel 2005, a portare alla luce quella scomoda verità che gettò un’ombra inquietante sui legami tra criminalità romana e curia papale. Sarà l’amante di De Pedis, Sabrina Minardi, a rivelare il collegamento tra De Pedis e il rapimento di Emanuela Orlandi in una lunga intervista, la prima dopo venticinque anni di silenzio, concessa a Raffaella Notariale. Nel film Greta Scarano dà volto alla Minardi, interpretandola con grande maestria in due differenti momenti della sua vita: quando è una bella ragazza affascinata dall’eleganza di Renatino, dedita alla coca, al lusso e ai festini, e quando, invecchiata di un quarto di secolo, è una donna alla sbando, segnata da anni di abusi e di solitudine. Roberto Faenza si muove in questo scenario portando coraggiosamente alla luce tutte le connessioni tra la banda dei testaccini, la politica e la curia romana. Il regista, non certo nuovo a opere “scomode”, non esita a fare nomi e cognomi: Roberto Calvi, Paul Casimir Marcinkus, Agostino Casaroli, Pietro Vergari sono soltanto una piccola parte dei sinistri personaggi che vengono chiamati in causa dal film. Il massiccio lavoro di documentazione sul quale poggia La verità sta in cielo, tuttavia, finisce per soffocare con la sua mole il film stesso, confondendo lo spettatore che fatica a raccapezzarsi nell’intrico di nomi e relazioni sciorinati dalle due giornaliste nel corso delle ricerche. Sono proprio questi, infatti, i momenti meno riusciti del film: mentre le sezioni ambientate nel passato – salvo qualche posticcia incursione nel pulp – risultano godibili e convincenti, quelle che vedono protagoniste Maya Sansa e Valentina Lodovini lasciano il tempo che trovano. I personaggi delle due giornaliste, infatti, esprimendosi per lo più per frasi a effetto finiscono per risultare eccessivamente costruiti. Con La verità sta in cielo Roberto Faenza compie un’operazione senza dubbio coraggiosa ed encomiabile, avvalendosi peraltro dell’appoggio di Pietro Orlandi (il fratello di Emanuela da anni in prima linea nella battaglia per la ricerca della verità) che interpreta se stesso in un breve cameo. Eccezione fatta per l’ultima esplicita scena del film, tuttavia, la nebulosità che connota la vicenda finisce per avvolgere la pellicola stessa. Rimane, del resto, la speranza che La verità sta in cielo possa contribuire a sollevare quel velo di omertà che da troppi anni ormai cela la sorte della povera “ragazza con la fascetta”, in uno dei più oscuri misteri d’Italia.


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