Le produzioni a base di zombie “tirano”, non c'è dubbio. Tanto che da qualche anno stiamo assistendo ad una vera e propria invasione di operazioni a tema: cinema, tv, letteratura. Tutto fa brodo, tutto, o quasi, funziona. Il grande pubblico sembra adorarli, la nicchia di genere continua a seguirli imperterrita, non fosse altro per sentenziare quanto il nuovo debba al vecchio, quanto quest'ultimo fosse più affascinante dell'attuale, come, insomma, si stava meglio “quando qui era tutta campagna”, oppure quanto ci si diverta oggi persino nel vederli correre quei mattacchioni putrefatti. br /br /Qualcosa è innegabilmente cambiato, a partire dall'anno di grazia 2002, data di uscita di quel span style="font-style: italic;"28 giorni dopo/span diretto daspan style="font-weight: bold;" Danny Boyle/span, pellicola che scoperchia il vaso di Pandora, sovverte le regole e instilla sangue fresco al filone in questione. Il low budget anglosassone colloca la Terra d'Albione al centro della scena: arriveranno da lì, infatti, gli episodi degni di miglior nota, cioè quelli in grado di sfruttare al meglio la naturale commistione tra mockumentary in stile Romero di span style="font-style: italic;"a href="/recensione-diary-of-the-dead-le-cronache-dei-morti-viventi.html"Diary of the dead/a /spane le innovazioni suggerite da Danny Boyle. L'Inghilterra si sa, è da sempre la patria della fantascienza antiutopica e pessimista (Quatermass docet, questo per tacere della serie televisiva span style="font-style: italic;"Survivors/span), una mentalità che adora gli script apocalittici e politicamente scorretti: il solco ideale per offrire asilo a progetti catodici come span style="font-style: italic;"Dead Set/span (dove le creature a metà strada tra gli zombie “romeriani” e i centometristi infetti targati Boyle prendono d'assedio la casa del Grande Fratello nazionale, in un tripudio di metacinematografica macellaria) o supporto mediatico nei confronti di grezzi gioielli quali il dittico che andremo più avanti a resocontare. br /br /English do it better quindi: pochi si muovono sul delicato campo minato degli zombie movie come sono in grado di fare loro, prova ne è il blockbuster AMC (cioè la stessa emittente americana creatrice di span style="font-style: italic;"Mad Men/span e span style="font-style: italic;"Breaking Bad/span) meglio conosciuto come span style="font-style: italic;"The Walking Dead/span, che dall'omonima graphic novel prende trama e incipit, guarda caso francobollato a quello di span style="font-style: italic;"28 giorni dopo/span. Stesso dicasi per un altro piccolo caso editoriale, il dittico span style="font-style: italic;"Apocalisse Z/span e span style="font-style: italic;"I giorni oscuri/span (che bissa il gradimento di pubblico riscontrato da span style="font-weight: bold;"Max Brooks/span con span style="font-style: italic;"Manuale per sopravvivere agli zombie/span e span style="font-style: italic;"World War Z/span) firmato dallo spagnolo span style="font-weight: bold;"Manel Loureiro/span, capace di trasformare il passatempo di un blog nel successo della carta grassa. Ispirazioni? Provate un po' a indovinare? Coraggio, essenzialità nei mezzi e un pizzico di sana follia. Questi gli ingredienti base degli horror inglesi a style="font-style: italic;" href="/recensione-the-zombie-diaries.html"The Zombie Diares/a e a style="font-style: italic;" href="/recensione-the-zombie-diaries-2.html"The Zombie Diares 2/a: sorprese ma non troppo visti i già citati e illustri precedenti britannici. Dimenticavo: per fermarli “basta” sparagli in testa...