«L’uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì». Con queste parole si apre la saga de La Torre Nera, l’opera più ambiziosa di Stephen King: una frase che lo stesso scrittore considera una delle migliori che abbia mai messo su carta. Un incipit che catapulta il lettore in un mondo costruito nel corso di 35 anni, attraverso sette libri che ne costituiscono l’ossatura principale, un ottavo arrivato in libreria fuori tempo massimo e 16 volumi a fumetti pubblicati dal 2007 a oggi. Un’opera monumentale non solo dal punto di vista della mole – già nella dichiarazione d’intenti, l’autore aspirava a scrivere il più lungo romanzo popolare della storia; e forse c’è riuscito con le sue 5.000 pagine circa – ma anche e soprattutto per la sua complessità. La Torre Nera narra l’epopea di Roland Deschain, l’ultimo membro vivente dell’ordine dei pistoleri, per raggiungere la Torre Nera prima che questa crolli portando al collasso tutti gli universi; lungo la strada si imbatterà in amici, compagni, nemici, persino lo stesso Stephen King, in un viaggio attraverso mondi paralleli e altre dimensioni. La saga è una di quelle opere che hanno sfruttato il concetto di “universo condiviso” molto prima che ci arrivasse il cinema. Al punto che King ha fatto di questi libri il cardine della propria bibliografia: tutte le sue opere (o se non tutte comunque una buona parte) sono in qualche modo connesse a questa storia: che siano personaggi, ambientazioni o semplici suggestioni impossibili da cogliere se non si è un fan accanito del Re di Bangor, tutto viene ricondotto alla Torre Nera. Per questo, oltre a essere una storia che ha appassionato milioni di lettori, può anche essere considerata come una delle opere più personali Stephen King. img b1970, l'inizio di una saga/b Ci vuole ambizione per scrivere qualcosa come La Torre Nera: uno Stephen King ventitreenne, ancora lungi da esordire come scrittore (Carrie viene pubblicato solo nel 1974) ne aveva da vendere quando decise di intraprendere questo viaggio. Prese a riferimento ciò che più amava – l’epicità complessa ed eroica de Il Signore degli Anelli e le sterminate lande desertiche dei film di Sergio Leone – per fonderle insieme in un primo volume (L’ultimo Cavaliere) e contaminarle ulteriormente con generi e sottogeneri a lui cari. Ovviamente la componente principale è il western, ma ad esso si aggiungono suggestioni che spaziano dalla fantascienza all’horror, dal romanzo di formazione al medieval-fantasy. Ma, soprattutto, c’è la sensazione che il primo volume sia una sorta di lungo prologo a un’avventura (molto) più grande; un spiraglio che si affaccia su di un mondo tanto esteso da traboccare in altri universi e realtà tangenti. Un po’ il tipo di rapporto che hanno Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, ma con un’ambizione molto più grande. img b1999, il ritorno alla Torre Nera/b Chi conosce Stephen King sa che dietro ogni sua opera non c’è una progettualità o uno schema predefinito sugli avvenimenti che dovranno accadere tra la pagina 1 e la pagina 100. Salvo in rarissimi casi, ciò che lo scrittore si trova a buttar giù su carta è frutto dell’ispirazione del momento e ogni scena, ogni avvenimento, si sussegue in maniera naturale e per nulla predefinita. «La costruzione di una trama è incompatibile con la spontaneità della creazione» afferma King nel suo saggio sul mestiere dello scrivere, On Writing. E ancora: «Le storie sono come reperti fossili che uno scrittore deve disseppellire tentando di non danneggiarli». Anche per questo la saga de La Torre Nera procedette a singhiozzi, con i capitoli che arrivavano nelle librerie a distanza irregolare di anni l’uno dall’altro (1982, 1987, 1991, 1997). Poi, in una pausa in attesa che la musa tornasse, King trovò sulla propria strada un minivan che lo investì sul bordo della strada nell’estate del 1999. Fu nei mesi successivi, mentre era in un letto d’ospedale, che il suo pensiero tornò alla Torre e avvertì in lui la pulsante urgenza di doversi rimettere al lavoro per poter porre la parola fine alla sua saga prima che qualcosa glielo impedisse per sempre. Una volta ritornato in forze accantonò tutti gli altri progetti a cui stava lavorando prima dell’incidente e si tuffò a capofitto nella stesura degli ultimi tre volumi (nella sua mente il piano era sempre stato di comporre la saga di sette libri) che arrivarono sugli scaffali delle librerie tra il 2003 e il 2004. b2007, l'interesse di J.J. Abrams/b I primi a manifestare interesse per una trasposizione cinematografica furono i creatori di Lost J.J. Abrams e Damon Lindelof, che già avevano infarcito la loro serie tv con svariati riferimenti a Stephen King. Ma fu proprio a causa della produzione di Lost che il progetto non si concretizzò e i diritti dei libri passarono alla Universal Pictures. b2010, primi tentativi di cinema/b Il progetto venne affidato alle mani di Ron Howard (alla regia) e Akiva Goldsman (alla sceneggiatura) che intendevano trasporre la saga nella maniera più grandiosa possibile: venne annunciata una trilogia cinematografica che avrebbe raccontato il lungo viaggio di Roland verso la Torre, parallelamente a una serie tv prodotta dalla NBC e composta da almeno due stagioni (che sarebbero uscite tra un film e l’altro) che avrebbero ripercorso l’infanzia e l’adolescenza del pistolero. Venne persino fissata una data di uscita de L’ultimo cavaliere al 17 maggio 2013 e proclamato il casting di Javier Bardem come Roland Deshain in sostituzione di Viggo Mortensen. Nonostante tutto ciò alcune disavventure produttive (in primis il passaggio di proprietà della Universal) fecero ritardare l’avvio del progetto, ne ridussero il budget e costrinsero Howard a ricercare nuovi finanziatori. Questo finchè gli Studios non persero interesse e il progetto scivolò nuovamente nel dimenticatoio. img b2015-2017, {a href='https://www.silenzioinsala.com/3952/la-torre-nera/scheda-film'}La Torre Nera{/a}/b Sony Pictures e Media Righes Capital ripresero in mano la sceneggiatura di Akiva Goldsman e affidarono la regia a Nikolaj Arcel, mentre Ron Howard, lo stesso Goldsman e Stephen King rimasero legati al progetto in veste di produttori. Venne annunciato Idris Elba come nuovo casting per il pistolero, il che suscitò subito polemiche, scalpore e soprattutto preoccupazione per i fan della saga. Un allarmismo che non si placò con i successivi annunci, che sembravano far presagire un film incentrato più su personaggi marginali che sul quintetto di eroi dei libri. Di essi infatti solo Roland e Jake compaiono nel film mentre Eddie Dean, Susannah Dean e Oy sono praticamente scomparsi insieme a un buon 80% degli eventi narrati nel romanzo. E a nulla sono valse le rassicurazioni dello stesso King che più volte in questi ultimi anni ha dichiarato: «Il film non è tanto una trasposizione dei romanzi, ma un vero e proprio sequel degli eventi narrati nei libri. Una prosecuzione del percorso intrapreso da Roland: è sempre stato nelle nostre intenzioni creare una storia di questo tipo». Ci sono libri che per decenni sono stati ritenuti “infilmabili". Ma questo concetto si è sgretolato a dicembre 2001 quando sugli schermi arrivò Il Signore degli Anelli - La compagnia dell'anello. Grazie allo sviluppo delle tecnologie digitali miste ai vecchi effetti prostatici e un lavoro di produzione durato 7 anni, Peter Jackson ha dimostrato che è possibile adattare anche la più ambiziosa e colossale opera letteraria, basta riuscire a entrare in empatia con le parole narrate dall’autore. Non è importante se nella trasposizione alcuni personaggi si perderanno per strada, alcune scene modificate o certi snodi narrativi totalmente stravolti, l’importante è mantenere intatto lo spirito della parola scritta. img Perciò se è vero che “esistono altri mondi oltre al nostro” magari in uno di essi esiste una trasposizione cinematografica de La Torre Nera in cui le pagine di King sono rese con giustizia e assoluta fedeltà. Mondi che inneggiano al capolavoro, che parlano di una saga nascente che avrà lo stesso impatto sulla cultura pop di Star Wars, in cui le fiere sono prese d’assalto da orde di cosplay a tema. Altri mondi, ma non il nostro. Noi purtroppo dobbiamo accontentarci di una versione sciapa della storia, che condensa 7 libri in 95 minuti di pellicola senza restituire alcun guizzo, nessuna atmosfera, svuotato da qualsiasi senso di desolazione o pericolo o meraviglia di cui i romanzi sono pregni. Insomma, nulla di ciò che sulla carta è diventato negli anni un tratto marcato e distintivo dell’epopea kinghiana.