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Foglie al vento (2023), la recensione del film di Aki Kaurismäki: una storia d'amore e solitudine

20/12/2023 17:00

Matilde Migliosi

Recensione Film, Festival, Festival di Cannes, Film Commedia, Film Drammatico, Aki Kaurismäki, Film Finlandia, Simon Al-Bazoon, Sakari Kuosmanen, Nuppu Koivu, Martti Suosalo, Maria Heiskanen, Jussi Vatanen, Janne Hyytiäinen, Alma Pöysti, Alina Tomnikov,

Foglie al vento (2023), la recensione del film di Aki Kaurismäki: una storia d'amore e solitudine

Foglie al vento riporta tutte le caratteristiche care allo stile del regista: la differenza rispetto alle precedenti sta nel suo tenero ottimismo.

Arriva finalmente in Italia Foglie al vento (Kuolleet lehdet, in originale), l’ultimo lavoro di Aki Kaurismäki, dopo il grande successo al Festival di Cannes dove il regista finlandese si è portato a casa il Premio della giuria. Il film è stato accolto con affetto da un pubblico, ancora molto legato alla Trilogia dei perdenti dello stesso autore, di cui quest’ultima opera può essere definita come una continuazione. 

 

Foglie al vento riporta fedelmente tutte le caratteristiche care allo stile del regista: la grande differenza rispetto alle precedenti sta nel suo tenero ottimismo, portatore di una lontanissima luce di speranza. 

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Ansa lavora in un supermercato con un misero contratto e, di tanto in tanto, porta a casa cibo scaduto: per questo, un giorno viene cacciata. 

Holappa è un metalmeccanico con gravi problemi di alcolismo e depressione, che gli rendono difficile tenersi un lavoro per molto tempo. I due si incontrano per la prima volta in un locale di karaoke, impossibile da collocare nel tempo e nello spazio, scrutandosi senza rivolgersi la parola. 

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Riusciranno ad avvicinarsi solo davanti al bar dove Ansa ha appena iniziato e già finito di lavorare. Dopo un caffè e un cinema la protagonista decide di rivelargli il suo numero di telefono, ma non il suo nome; lo scrive su un biglietto che sfortunatamente vola via, dando così origine a una lunga serie di tentativi dei due di ritrovarsi.

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L’elemento più destabilizzante del film è la mancanza di punti di riferimento temporali: gli arredi ricordano il Secondo Dopoguerra sovietico, i personaggi possiedono cellulari a conchiglia, i poster appesi davanti al cinema appartengono a film degli anni 40’, ma a un certo punto compare un calendario del 2024. 

 

Tutto si annulla in funzione della storia e l’unica ancora che ci trattiene alla realtà è la radio, un costante sottofondo, che riporta giorno e notte notizie sulla guerra in Ucraina. 

 

«Il cinema dura per sempre, per questo ho scelto di parlare della guerra. Voglio che le persone ricordino quello che sta accadendo in Ucraina anche in futuro», ha detto Kaurismäki per spiegare la sua scelta, in un momento storico in cui si conosce il passato ma si ha difficoltà ad analizzare il presente.

Questo, però, è un racconto d’amore degno delle più classiche commedie francesi ma intriso di una forte malinconia. 

 

I due protagonisti sono portatori di tristezza, che si scontrano cercando di ritrovarsi nell’altro. Vivono in una contemporaneità crudele, dove si viene licenziati perché si ruba un panino che «apparteneva alla spazzatura», e dove ci si può salvare solo grazie alla gentilezza dei piccoli gesti. Il messaggio del regista è forte e chiaro: «di amore ne abbiamo più che mai bisogno in tempi come questi».

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Di rimando alla Trilogia dei perdenti sono anche i grandi temi del proletariato e del consumismo, le dinamiche non sono cambiate e fanno il loro ingresso nella prima scena sul rullo della cassa del supermercato. Nel film di Kaurismäki gli operai si spostano da una parte all’altra della città con sguardi persi e vagano nella notte come fantasmi (moderni spettri del comunismo), solo per godersi un drink annacquato in silenzio. 

Nell’asprezza della periferia di Helsinki, la fotografia del film riesce a regalare poesia. I colori brillanti e fortemente contrastati generano composizioni degne di un cult anni 80’, mentre le inquadrature raccontano per immagini storie di bar con nomi di luoghi lontani e clienti dalle facce poco raccomandabili, posti destinati a deperire. 

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Il regista ci fornisce come alternative a una deprimente realtà il cinema e la musica. Il primo diventa da subito un luogo di salvezza e serenità (con un omaggio al film I morti non muoiono dell’amico Jim Jarmusch), dove si cita Bresson e si dimenticano i problemi. Lo stesso cane adottato da Ansa viene chiamato Chaplin, come “il padre di Hollywood”. Posto più importante della sala cinematografica è il bar karaoke, in cui i due innamorati si incontrano per la prima volta in una scena meravigliosa, dove la classe operaia in cerca di svago si alterna sul palco, cantando brani dai testi densi di significato. 

 

In questa atmosfera da vecchia balera, nel momento di svolta, compaiono due cantastorie, le sorelle Maustetytöt, che riassumono le vicende dei due protagonisti in tutta la loro interiorità disarmante ma inesprimibile, «Tu mi piaci, ma è me che non sopporto»

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Nonostante le birre dai boccali sporchi e i cantieri rumorosi, si ride molto e ci si prende poco sul serio, in dialoghi ironici e meravigliosi. Si sorride tra le sofferenze, in un film dove due tristezze nel finale si uniscono e camminano insieme.


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Genere: commedia

Titolo originale: Kuolleet lehdet

Paese, anno: Finlandia/Germania, 2023

Regia: Aki Kaurismäki

Sceneggiatura: Aki Kaurismäki

Fotografia: Timo Salminen

Montaggio: Samu Heikkilä

Interpreti: Alina Tomnikov, Alma Pöysti, Janne Hyytiäinen, Jussi Vatanen, Maria Heiskanen, Martti Suosalo, Nuppu Koivu, Sakari Kuosmanen, Simon Al-Bazoon

Produzione: Bufo, Pandora Filmproduktion, Sputnik Oy

Distribuzione: Lucky Red

Durata: 81'

Data di uscita: 21/12/2023

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