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Bumblebee

17/12/2018 11:00

Andrea Desideri

Recensione Film, Film Fantascienza, transformers,

Bumblebee

Michael Bay torna in veste di producer per Bumblebee

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Prosegue la serie di film dedicata ai Trasformers, macchine dai risvolti umani che hanno intrattenuto generazioni di giovani; e tornano in voga grazie a vicende articolate che esulano dal semplice combattimento, portando l’azione narrativa e robotica su altri livelli. Bumblebee potrebbe definirsi un approfondimento dei capitoli precedenti, che hanno visto i Trasformers districarsi nel nostro mondo: una sorta di macchine ribelli che hanno trovato il proprio spazio in un contesto sociale collaudato. Infatti, si riparte dal pianeta Cybertron, dove è in pieno svolgimento la guerra fra Decepticons e Autobots; questi ultimi subiscono un duro contraccolpo e così il leader Optimus organizza una missione di fuga verso la Terra. Bumblebee, creatura robotica, è nel nostro mondo dal 1987 e, dopo trentun’anni, si trasforma in un maggiolino Volkswagen giallo finendo in un’officina. Ammaccato, ferito e senza voce, sta lì fra le cose in disuso, dove passa parecchio tempo la giovane Charlie per riparare la macchina di suo padre. La ragazza non ha ancora superato la scomparsa del genitore, per questo vorrebbe andar via di casa e ricominciare. Inoltre, a peggiorare l’ambiente, c’è la situazione della madre: ancora senza un compagno dopo il lutto. Ogni cosa cambierà quando nella vita della giovane arriverà quello che sembrerebbe essere molto più di un comune veicolo.


Michael Bay torna, in veste di producer, ad avere a che fare con i Trasformers per ridare lustro ad un prodotto figlio degli anni Ottanta: Bumblebee poteva essere molto più vintage di così, ma il tocco di Travis Knight ha restituito vitalità a una narrativa d’altri tempi. Il regista cerca di prendere quanto di buono fatto in Trasformers – L’ultimo cavaliere e lo rielabora in un racconto per grandi e piccini che rimette la fantascienza al centro di ogni cosa, aprendo anche all’affettività.


Volendo parlare per metafore, Bumblebee non è altro che un senza patria, figlio della guerra robotica, che cerca una nuova dimensione nei tempi che cambiano. La sua diversità ben si sposa con la parabola scenica di Charlie, giovane a cui mancano riferimenti dopo la morte del padre; le differenze e le debolezze di entrambi collimano al punto da creare un’unione inaspettata e indissolubile. Per il resto, ci pensano i molti inseguimenti e gli altrettanti capovolgimenti a tenere vigile lo spettatore.


Non manca, poi, la celebre colonna sonora d’altri tempi che stuzzica gli amanti del nostalgico in un mix di classico e moderno. Ci troviamo, infatti, dinnanzi a una costruzione più a misura di ragazzo – come è giusto che sia – per una saga che nasce da un giocattolo di successo. Unica nota dolente: l’eccessiva durata, centotredici minuti. Eppure Bumblebee riesce a restituire credibilità al franchise soprattutto grazie alla buona prova dei singoli interpreti, che hanno avuto la forza di non ridurre tutto ad una pantomima macchiettistica.


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