A ventotto anni di distanza dal visionario {a href='https://www.silenzioinsala.com/4181/tron/scheda-film'}Tron{/a}, Walt Disney Production invita i fan vecchi e nuovi a tornare tra circuiti e programmi alla scoperta di una società distopica abbandonata a se stessa. A guidare gli spettatori in questo viaggio c’è Joseph Kosinski, giovane prodigio della CG alla sua prima esperienza cinematografica sotto la guida del produttore Steven Lisberger, regista del primo film. Come suggerito dal titolo, {a href='https://www.silenzioinsala.com/1126/tron-legacy/scheda-film'}Tron: Legacy{/a} raccoglie l’eredità dell’originale, cercando di proiettarla nel futuro grazie a un budget di 200 milioni di dollari, moderne tecnologie e vecchi volti. Sam Flynn (Garrett Hedlund) ha 27 anni e si trova a fare i conti con una vita passata senza il padre, quel Kevin Flynn (Jeff Bridges, protagonista del primo film) misteriosamente scomparso da tempo. Sam è ora l’azionista di maggioranza e il maggior oppositore della compagnia paterna, la Encom, gestita ormai come una multinazionale senza rispetto per le anarchiche idee del suo fondatore. Una sera Alan Bradley (Bruce Boxleitner) riceve un messaggio proveniente dall’ormai dismesso laboratorio dell’amico Kevin. Sam, andato a controllare, si ritroverà catapultato in una simulazione computerizzata, un paradiso artificiale ormai nelle mani di un programma dedito all’ordine assoluto e perfetto. Lì ritroverà il padre e dovrà combattere per fuggire e portare al mondo Quorra (Olivia Wilde), ultima esponente di una famiglia di intelligenze artificiali auto-generate in grado di cambiare per sempre la vita sulla terra. Senso o razionalità ? Logica o emozione? {a href='https://www.silenzioinsala.com/1126/tron-legacy/scheda-film'}Tron: Legacy{/a} pone lo spettatore di fronte a un dilemma quasi epico. Kosinski sa stupire con l’utilizzo di immagini e suggestioni sonore (come già dimostrato nelle campagne pubblicitarie per X-Box) e il mondo virtuale (ri)creato dal regista riesce ancora ad emozionare. Non manca neanche la varietà di situazioni, tra effetti al neon, folli corse sulle lightcycles, inseguimenti aerei e imponenti eserciti, che si avvicendano scanditi dai ritmi della colonna sonora composta ad hoc dai Daft Punk. Purtroppo non appena la sospensione completa dell’incredulità viene meno, non si può evitare di notare una trama decisamente debole, portata avanti da dialoghi e battute che non convincono recitati in maniera appena sufficiente da personaggi stereotipati e bidimensionali. Non un momento di emozione nasce dai protagonisti e dalle situazioni, nonostante siano presenti tutti i volti che 28 anni or sono conquistarono i fan. Un problema relativo, dal momento che anche l’originale si fece notare più per l’innovazione tecnica che non per la sceneggiatura, ma che tuttavia influenza negativamente un prodotto che dal punto di vista sensoriale è a dir poco eccezionale. Il vero peccato di {a href='https://www.silenzioinsala.com/1126/tron-legacy/scheda-film'}Tron: Legacy{/a} è però aver perso l’occasione e la possibilità di innovare e sperimentare così come fece il suo predecessore. Il design e le ambientazioni, per quanto spettacolari, non sono che una versione migliorata di quelle originali, mentre situazioni e idee originali attingono a piene mani dai classici e cult del genere, da Star Wars a Matrix. La sensazione è purtroppo quella di avere a che fare con un film di valore e dalla realizzazione pregiatissima, ma completamente privo dello spirito pionieristico che aveva animato la produzione originale. Insomma, c’è da ripeterlo: senso o ragione? La risposta è fondamentale, e la domanda suggerisce esattamente come va presa l’ultima fatica di Walt Disney Production: senza pensarci, con l’aspettativa di essere stupiti da un indimenticabile show di luci e musica, niente di più (ma niente di meno) di un meraviglioso baraccone in grado di rapire gli spettatori e lasciarli a bocca aperta oggi come 28 anni fa.