Una piccola guida per destreggiarsi tra i vari titoli del postatomico italiano e distinguere ciò che merita una visione, come cult del nostro cinema di genere
Gli esempi più illustri del postatomico italiano sono senza dubbio il dittico delle avventure di Trash a opera di Enzo Castellari. Ma non è il solo ad aver cavato il meglio da questo genere con i pochi mezzi a sua disposizione, supplendo con tanta inventiva e stratagemmi narrativi.
2019, Dopo la caduta di New York
Sergio Martino, il più eclettico tra i registi, dirige 2019, Dopo la caduta di New York. Vent’anni dopo la fine della guerra nucleare, la Terra è un deserto radioattivo che ha creato aberranti mutazioni e rese sterili le donne. Persifal, un campione di deathmatch automobilistici, viene incaricato di salvare l'ultima ragazza fertile, individuata tra le macerie di New York.
Al momento della sua uscita il film venne accusato di essere un plagio abbastanza spudorato di 1997 - Fuga da New York, ma Martino dichiarò che «lo sceneggiatore Ernesto Gastaldi propose ai produttori un'idea molto originale, ma siccome il film di Carpenter ancora non era uscito, sembrava troppo all'avanguardia e azzardata per investirci dei soldi. Solo dopo l'uscita del film americano la nostra idea non sembrava più così folle, e così ci accusarono di plagio». Quale sia la verità non lo sapremo mai. Sta di fatto che tra modellini in miniatura, numerose scene d'azione e morti abbastanza splatter, 2019 - Dopo la caduta di New York è uno dei migliori post-atomici prodotti dal nostro cinema.
Endgame - Bronx lotta finale
Sì, abbiamo fatto un film intitolato Endgame, trentacinque anni prima della Marvel! A dirigerlo è Steven Benson, uno dei tanti pseudonimi (nel corso della sua carriera ne ha usati oltre quaranta differenti!) di Aristide Massaccesi, meglio noto con un altro nome d'arte: Joe D'Amato. D'Amato è il re mida per eccellenza delle nostre produzioni low-budget.
In un futuro "dopobomba" si gioca l'Endgame, una spietata caccia all'uomo in diretta tv in grado di catalizzare l'attenzione delle masse. Shannon (il mitico Al Cliver), il vincitore imbattuto dell'Endgame, viene contattato telepaticamente da un gruppo di mutanti del Bronx quando il loro territorio è minacciato da una spietata multinazionale che vuole sterminarli. Toccherà a Shannon, come un moderno Messia, portarli in salvo fuori dalla città, attraverso un deserto radioattivo, in cerca della loro nuova casa, proteggendoli da ogni sorta di pericolo e nemico. Insomma, un po' 1997 - Fuga da New York, un po' Rollerball questo Endgame riesce a essere semplice ed efficace, soprattutto nella prima parte. L'ambientazione notturna si adatta bene alla storia, calando subito lo spettatore in questa atmosfera "senza speranza", condita da diverse trovate horror che non stonano affatto. Nella seconda parte "alla Mad Max", girata alla luce del sole nella periferia romana, il mordente della storia si allenta un po', almeno fino allo scontro finale con il cattivo di turno. Nel complesso però Endgame resta uno delle migliori pellicole del filone!
Rats - Notte di terrore
L'entrata campo di altri due assi del b-movie di genere italiano: Bruno Mattei e Claudio Fragasso. All'inizio del film, una lunga e verbosa premessa ci da il quadro di un umanità distrutta da una guerra nucleare, ma capiamo presto che quella premessa non vale assolutamente nulla. Il dinamico duo gira un film tutto d'interni, tutto di notte, con un pugno di personaggi che muoiono male (le scene sanguinose sono tante e discretamente realizzate) in balia di una colonia di topi assassini che sbucano da ogni dove (persino dalla bocca di alcuni malcapitati).
Uno strano ibrido tra uno slasher e La notte dei morti viventi, che del post-atomico ha solo la suddetta premessa, ma che riesce a reggere bene per tutta la sua breve durata. L'intero film viene girato (come da tradizione) in estrema economia e rapidità: pre-produzione, riprese e post-produzione durano in totale quattro settimane, riciclando i set interni di C'era una volta in America di Sergio Leone e gli esterni de Gli intoccabili di Giuliano Montaldo, entrambi costruiti a Cinecittà. Il risultato è di gran lunga superiore alle aspettative!
In appena sette anni (tra il 1982 e il 1989) il nostro cinema ha portato nelle sale quasi venti film del filone postamico. In questa retrospettiva ne abbiamo esaminati circa una dozzina, più della metà. Alcuni riusciti, altri meno, alcuni meritevoli di visione, altri proprio evitabili. Film che tra alti e bassi danno una panoramica abbastanza esaustiva su questo strambo filone che, nel bene e nel male, è stato un fenomeno fortemente italico. Un manifesto di quanto, anche con pochi mezzi e budget risicati, un trentennio fa eravamo capaci di produrre film in grado di competere con le grosse produzioni hollywoodiane ad alto budget, autentici mostri sacri del cinema e nomi altisonanti come John Carpetnter, Walter Hill e Ridley Scott. E, con molta modestia, non abbiamo affatto sfigurato. Anzi.
Rivisto oggi, il postatomico è il ricordo sbiadito di un cinema che fu. Un cinema ora guardato con un misto di disprezzo e imbarazzo sia dal pubblico sia dalla critica (in entrambi i casi parliamo di quello più generalista, che però è anche la "fetta" più grande) di casa nostra. Etichettato come "trash", "di serie Z", addirittura "demenziale" da gente che magari non ha mai visto nemmeno un fotogramma di queste produzioni. Eppure è proprio questo il tipo di cinema (anzi, di fare cinema) che sarebbe bene riscoprire. Che, per quanto ingenuo e datato, può essere in grado di infondere alle nuove generazioni di cineasti nuova ispirazione, in un'epoca in cui i mezzi e le potenzialità digitali sono alla portata di tutti.