Ultimo capitolo che conclude la trilogia dedicata alle tartarughe ninja mutanti iniziata nel 1990 con il film divenuto cult diretto da Steve Barron. Stavolta dietro la macchina da presa c’è il canadese Stuart Gillard, che dà vita ad una divertente pellicola perfettamente in linea con i due precedenti episodi ed ingiustamente bistrattata dai fan e dalla critica. Paige Turco torna a vestire i panni di April O’Neil, mentre in quelli di Casei Jones si rivede Elias Koteas. Giappone, 1593. Grazie ad uno scettro magico che le riporta indietro nel tempo le quattro tartarughe ninja giungono da New York per riportare a casa la loro amica April (Paige Turco) che giace rinchiusa in una cella perché ritenuta una strega. Qui vengono scambiati per antichi demoni e combattuti dalla popolazione locale composta prevalentemente da semplici contadini. Una volta conquistata la loro fiducia, i quattro protagonisti si ritrovano ad affrontare uno spietato trafficante d’armi di nome Walker (Stuart Wilson), intenzionato ad impossessarsi dello scettro magico ai danni dello Shogun del luogo, Lord Norinaga (Sab Shimono). Riusciranno i nostri eroi a sconfiggere Walker, a rimpossessarsi dello scettro e ritornare, cosi, al futuro? Abbandonati definitivamente i bassifondi della Grande Mela, Raffaello (Matt Hill), Michelangelo (David Fraser), Donatello (Jim Raposa) e Leonardo (Mark Caso) si ritrovano a cavalcare le lande boscose del Giappone feudale combattendo contro un nemico invisibile e apparentemente invincibile: il tempo. La storia, inedita, è arricchita da un’affascinante ambientazione storica che riconduce i protagonisti alle loro origini portando una ventata d’aria fresca all’interno della serie che, dopo il secondo capitolo, sembrava non aver più nulla da aggiungere. Ancora meno cinematografico del predecessore, ma più divertente, Tartarughe ninja III è un continuo cozzare di spade e armature medievali; una girandola di mosse d’arti marziali e gag ad effetto che non fanno rimpiangere in alcun modo i primi due episodi. Ma il film di Gillard pone anche molti spunti di riflessione sul valore dell’amicizia e sul significato della parola “casa”, il luogo dove ognuno di noi è destinato a tornare dopo aver affrontato un lungo viaggio. Piacevole, anche se non ben chiaro, il ritorno del personaggio di Casei Jones che nel film ha il semplice compito di intrattenere le guardie giapponesi piovute dal passato con partite di hockey alla tv e pacchetti di patatine.